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.::La Chiesa di San Francesco d'Assisi::.

Facciata


L’attuale facciata, che ha sostituito quella originaria d‘ispirazione romanica e la successiva settecentesca, è opera dell‘architetto Gaetano Jurleo che nel 1883 la progettò. Essa rispecchia il gusto eclettico “ fin de siècle ”. Si sviluppa su due ordini separati da una robusta trabeazione: in alto il timpano sotto il quale è incisa la dedica dell’Arciconfraternita, custode della chiesa, all’Immacolata “Gloriosae reginae mundi” e il grande finestrone neoclassico centrale, chiaro rimando alla bifora romanica . Esso è decorato con vetri policromi. La parte sottostante si articola in un agettante cornicione e in un ampio portale classicheggiante con timpano spezzato nel quale in una mandorla o ovale è stata racchiusa la statua dell‘Immacolata, ai lati due edicole simmetriche, delineate da paraste neoclassiche con capitelli corinzi, che contengono due statue marmoree. Quella di sinistra, raffigura San Francesco d‘Assisi che ammansisce il lupo, quella di destra Sant‘Antonio da Padova, entrambe dello scultore Francesco Bagnulo, che li realizzò tra il 1934 e il 1935.
Il portale di bronzo “del Cavalluccio” di Egidio Giaroli, collocato nel 1985 è organizzato in tre zone dal “Tau”:
- la parte di sopra, è fissa e rappresenta nei due pannelli “Il cantico delle creature”;
- la parte sinistra al di sotto del “Tau” si compone di quattro pannelli che raffigurano “la cacciata di Adamo ed Eva”, “La Porziuncola”, “la guarigione del cavalluccio” e “Innocenzo III che approva la Regola”;
- la parte destra composta da tre pannelli, che riproducono: “il Calvario”, “il Presepio” e “la predica agli uccelli”.

Interno

Presenta una breve navata con volte a botte sottolineate da teste a padiglione acuto o a “spicchio”, entro i quali si aprono i finestroni. Tutte le vetrate istoriate sono state realizzate alla fine degli anni ottanta dello scorso secolo, opera di Gaetano Valerio. Lo spazio interno della chiesa è il risultato dei continui rimaneggiamenti avvenuti nei secoli che hanno,

però, integrato insieme le concezioni architettoniche romaniche e monastiche, quelle rinascimentali e le barocche. L’impianto planimetrico si imposta su due diversi rapporti dimensionali: quello tra la larghezza e l‘altezza della navata risulta di tipo 1 : 1,6 circa, mentre quello tra la larghezza e la profondità della navata e tra l’area del presbiterio e del transetto è del tipo 1 : 2. Le pareti della navata sono caratterizzate da due cappelle per lato a forma di nicchia con altari in “pietra gentile”; segue il transetto, che ospita una luminosa cupola alta 21 metri, divisa in otto spicchi con otto aperture ovali lungo il tamburo. Il transetto e il presbiterio, sono decorati da cornici mistilinee, rose e cherubini. Le aperture nel tamburo della cupola concentrano la luce negli spicchi della rosa alle cui basi si librano dei cherubini. Una balaustra in marmo, scolpita ed intarsiata, caratterizzata da quattro paliotti traforati e decorati da cherubini, attribuita ai F.lli Viva, introduce al presbiterio occupato da un imponente altare di fattura napoletana. L‘altare maggiore, progettato dal napoletano Crescenzio Trinchese è completato da un ricchissimo paliotto e da due angeli reggifiaccola, in marmo di Carrara, attribuibili ad Angelo Viva. E’ realizzato in marmi policromi scolpiti ed intarsiati con decorazioni a rilievi in marmo bianco. Le pareti dell’area presbiteriale presentano su entrambi i lati nicchie nelle quali si conservano statue in legno o cartapesta; in particolare in una nicchia della parete sinistra si conserva la statua di Santa Rita in legno e cartapesta, opera di Oronzo Salarino mentre nella seconda nicchia sulla parete destra è posto il busto ligneo di S. Giuseppe col Bambino, attribuibile a Giacomo Colonna. La base è rivestita in oro zecchino e l‘aureola è d‘argento. La parete di fondo alle spalle dell’altare maggiore, sulla quale si apre un finestrone centrale, profilato da una cornice mistilinea e decorato con vetri policromi, accoglie il Resonans Spectaculum o cantoria dove è collocato l’organo. Le linee architettoniche di questa struttura nella parte inferiore si inarcano creando così la quinta prospettica che dà maggiore risalto all’altare stesso. Ai piedi del presbiterio è posta la statua di San Francesco mentre una serie di bassorilievi lignei della della Via Crucis, sono posti sul confessionale, collocato dietro l‘altare maggiore, quest‘ultimo opera di Arnoldo Andriola.
Un cornicione mistilineo dal profilo articolato corre intorno su tutte le pareti e costituisce elemento generale di raccordo tra gli spicchi delle volte superiori e gli elementi delle pareti stesse quali paraste, colonne, archi e pilastri dando particolare risalto alle strutture portanti; al tempo stesso questo, confluendo negli stucchi di decorazione delle volte, contribuisce a verticalizzare l’area del presbiterio nonostante l’intera struttura appaia notevolmente compatta.
Dalla parte opposta al presbiterio, in controfacciata, sul tamburo d’ingresso , all‘interno di una cornice mistilinea in stucco (cm. 200x320) è collocata la tela di “Mosè che spezza le tavole della legge”. L‘opera è tipica delle botteghe meridionali di impronta gionardesca su disegni del Miglionico.
A destra dell‘ingresso si trova la prima cappella, il cui altare in pietra gentile, costruito da Gaetano Morgese, ospita nella nicchia la statua lignea tardo seicentesca di Sant‘Agostino . Il secondo altare del lato destro è detto “dell‘Addolorata”, qui in un’ancona del settecento, si può ammirare la “Deposizione”, affresco del Colonna, autore del restauro di tutti gli affreschi delle volte della chiesa eseguiti tra il 1985 e il 1989.
Il primo altare del lato sinistro, nominato “della Sacra Famiglia”, è dedicato a San Giuseppe e prende il nome dal titolo della tela ospitata risalente al 1626. Il secondo altare del lato sinistro, dedicato a Sant‘Antonio da Padova, con fastigio e pala in pietra settecentesca e parte inferiore in marmetti di Carrara presenta un altorilievo di cartapesta, opera del leccese Raffaele Caretta. Il pulpito in pietra della fine del XVIII secolo con schienale in legno è murato sul pilastro sinistro di innesto del tamburo della cupola; la scalinata e l’accesso a questo sono ricavati nel pilastro e chiusi da una porticina in legno situata nel cappellone dell’Immacolata nella parte sinistra del transetto. Lo scomparto centrale è occupato dallo stemma francescano, scolpito in uno scudo, sormontato da una coronetta nobiliare stemma dei duchi Zevallos.

Nel lato sinistro del transetto si trova dunque l‘altare marmoreo dell‘Immacolata (della fine del XVIII sec.) opera di maestranze napoletane e locali. La nicchia centrale è delimitata da due colonne in marmo verde screziato esaltate dal timpano sormontato dalla croce. La statua policroma dell‘Immacola è lignea ed è opera del napoletano Giacomo Colombo che la realizzò nel 1719. Simmetricamente a destra e a sinistra dell‘Immacolata si trovano due ovaletti della fine del settecento a firma di P. Nanna e precisamente “la Natività della Vergine” e “l‘Assunzione al Cielo della Madonna”. Sempre qui si conserva una tela del ‘600 raffigurante San Francesco tra Sant‘Eligio e Sant‘Agostino, attribuibile ad Andrea Cunavi, discepolo di Jacopo Palma il Giovane.
Al lato opposto nel transetto, quello destro, è posto l‘altare in pietra locale dell’ultimo quarto del XVIII sec., dipinto ad olio per simulare il marmo, copia di quello dell‘Immacolata. L‘altorilievo in cartapesta della Madonna del Rosario, del leccese Raffaele Caretta, completa l‘altare. A destra e a sinistra sono collocati due ovali rispettivamente S. Vito Martire e la Pietà con S. Giovanni in preghiera, entrambi restaurati da Barbara Colonna di Bari. Sul lato destro del transetto è esposto un Crocifisso ligneo del XVIII secolo opera di Arnoldo Andriola con cartiglio originario in legno di fico restaurato da Bagnulo prima e da Ugo Malecore poi.
Preziosi arredi, pianete, ostensori, calici e messali completano il tesoro artistico di questa chiesa.
L’intero organismo architettonico è uno dei pochissimi esempi in Puglia di come lo stile romanico si dilata e si sposa con elementi neoclassici e tardo-barocco. “ Mentre verticalmente lo spazio interno della chiesa è marcatamente barocco nelle misure planimetriche ritroviamo valori differenti ed una spazialità di tipo romanico-rinascimentale” (Dott. Arch. Luigi Cisternino). “… Esso, soprattutto nella sua struttura tipologica e morfologica, è carico di significati e rimandi teologici tipici dell’architettura monastica tardomedievale; a partire dal suo impianto a croce latina che dall’ideale punto di intersezione tra la navata, il transetto e il vertice della cupola sembra dilatarsi nelle quattro direzioni dei punti cardinali quasi ne fosse attratto; alla continua quasi ossessiva ripetizione del numero quattro e dei suoi multipli. Infatti in tale quantità si trovano le vetrate, i pilastri che sostengono la cupola ciascuno ornato con quattro capitelli, gli altari minori posti nelle arcate della navata. La cupola poi è ottagonale con la raggiera che ha origine dall’occhio di Dio (nel Triangolo posto al vertice) composto da sedici raggi; la struttura architettonica sembra materializzare il senso dell’Onnipresenza e la Potenza Divina; la cupola diventa il simbolo della sfera celeste, del Regno del Divino: Uno e Trino, come raffigurato dal triangolo, posto sul suo trono al centro e attorniato da quattro cherubini che posti in corrispondenza dei punti cardinali rappresentano così tutto l’Universo; …per finire con la confluenza di tutte le ideali linee di pendeza nell’area presbiteriale subito prima dei gradini di accesso all’altare maggiore sull’asse della navata centrale dove si trova il punto più basso dell’intero impianto a testimonianza del fatto che quello è il luogo dove la Dività incontra l’uomo.
Grande interesse suscitano gli angeli capialtare dell’altare maggiore che rappresentano al meglio il dinamismo-dualismo che pervade tutta l’area presbiteriale. Essi sono conosciuti come l’Angelo dell’Estasi e l’Angelo della Meditazione; il primo nell’atto di spiccare il volo mentre guarda al tronetto dell’esposizione Eucaristica facendo leva sul ginocchio rappresenta la Divinità del Cristo e la gioia, l’estasi della trascendenza mentre il secondo appare triste, piangente quasi, nell’atto di scendere, di sbattere a terra, sottolineato dalle increspature del vestito: esso rappresenta il dolore della vita terrena, della mortalità. Comunque entrambi nel contesto dell’altare sono simbolo della Morte e Ressurezione del Cristo. L’altare settecentesco è in definitiva un grande atto di adorazione dell’Eucarestia e testimone al tempo stesso della spiritualità del tempo che si libera dell’idea francescana dell’adorazione della Crocifissione e abbraccia le imposizioni conciliari… ”. (sunto dell’introduzione al “bel San Francesco” di don Francesco Sozzi – Ostuni 2000).
“ Probabilmente la singolare bellezza della chiesa di San Francesco consiste nel fatto di essere una unione tra oggetto architettonico ed immagine della regola che lo governa … è possibile cogliere la sua rigorosa geometria plano-volumetrica, il suo rapporto armonico tra gli elementi decorativi e le strutture murarie, la seriale ripetizione di paraste e lesene, di arredi sacri e statue in simmetria speculare “ (tratto da “Una lezione dal passato” a cura del Dott. Arch. Luigi Cisternino)
L’edificio nella sua interezza e complessità può essere considerato una grande opera d’arte, non solo in senso strettamente architettonico, inoltre è al tempo stesso memoria della tradizione storica e delle credenze locali, infatti il maestoso portale nella scena del cavalluccio, nella quale si rappresenta il miracolo della guarigione del cavallo del vetturino da parte di San Francesco nel suo soggiorno presso i monaci benedettini di Ostuni, costituisce valore di vero e proprio documento.
Ripercorrendo la storia della comunità francescana ad Ostuni si può quindi ripercorre buona parte delle vicissitudini di questa chiesa la cui origine è legata ad una donazione di un’orto, detto del “Columbo”, da parte del Principe Filippo di Taranto, figlio del re angioino Carlo II di Borbone, all‘ordine francescano (1304). La chiesa di San Francesco nel primitivo assetto, non coincideva con l’attuale, inoltre probabilmente era inserita in una struttura fortificata extra- moenia; comunque sin dal Trecento essa costituiva punto nodale nell’intero assetto e sviluppo urbanistico del settore Ovest della città. L‘inglobamento nelle mura dovette avvenire nel XV secolo con l’estensione e il rinnovamento della cinta muraria e la realizzazione di un fossato intorno alla chiesa. Nulla si conosce degli autori della prima fondazione, né della descrizione tardo medioevale dell‘edificio, sull‘esempio di altri monumenti francescani ancora esistenti (il Todisco cita i complessi monastici di San Domenico e di San Francesco da Paola in terra di Monopoli), si può ipotizzare un impianto molto semplice, ad aula unica, con tetto a capanna arricchito nel ‘500 da altari lignei e di pietra. Infatti, la chiesa di San Francesco in una rappresentazione grafica della fine del XVI sec., ad opera di un frate agostiniano, Angelo Rocca, si presenta come un semplice edificio a capanna con un abside piatta orientata a sud-est e decorata da un oculo; lungo il lato orientale si apriva un piccolo ingresso, mentre il lato occidentale, aderente alle mura, presentava un semplice campanile, l‘ingresso principale doveva aprirsi a nord-ovest, con l‘altare maggiore ad oriente; il piccolo oratorio e la sacrestia erano poste nella mura, come pure la sacrestia dell‘Arciconfraternita. L‘edificio contava oltre 10 cappelle. E’ evidente come questa dislocazione delle aperture e dello spazio comportava notevoli problemi di accessibilià e fruibilità della costruzione da parte dei fedeli.
Nel ‘500 la chiesa di San Francesco si deve adeguare alle disposizioni del Concilio di Trento, codificate nelle “Instructiones Fabricae Eclesiasticae”, con la riorganizzazione tridentina degli spazi interni, l’eliminazione di qualunque tramezzo e la creazione di scanni lungo il perimetro absidale. La fine di questo secolo vede profondi rimaneggiamenti del convento, denominato “Castello di Columbo”. I lavori vengono affidati al magistero Pietro de Palma di Monopoli.
Il 1615 è un anno fondamentale per questa chiesa nell’adeguamento delle sue strutture originarie, infatti è oggetto di numerosi e profondi interventi nell’organizzazione degli spazi interni che, unitamente al radiacale restauro, cambiano definitivamente e profondamente sia la facies interna che quella esterna. Questi lavori generano una vera e propria rotazione della direzione di sviluppo della struttura, il cui nuovo ingresso venne a corrispondere con quello attuale, orientato verso est; inoltre, con la costruzione del nuovo coro, verrà rettificata la sistemazione del primitivo ingresso orientato a ovest. I lavori furono affidati al maestro Nicola Francesco Marsilia, il coro, invece, al magistero Giovanni Carlo Troiano. La planimetria della chiesa, a seguito degli interventi, doveva svilupparsi per una lunghezza complessiva di circa 30-35 metri e in larghezza per 15-20 metri su pianta rettangolare, strettamente inglobata nel reticolo di fortificazioni e case allora esistenti. Lo spazio interno si articolava in dodici cappelle con presbiterio su gradinata, coro retrostante e abside piatta. Durante questo periodo la chiesa viene dotata di molte opere d‘arte, di arredi lignei e di una cappella sotterranea con sepolcro: cripta destinata ad accogliere i resti dei frati e dei confratelli, purtroppo scomparsa a seguito degli interventi settecenteschi. L‘ex abside diviene ora la nuova facciata, forse in stile rinascimentale, integrata dalle statue in pietra del precedente ingresso. L‘area presbiteriale viene risistemata con l‘altare maggiore, dedicato al culto del Santissimo Sacramento.
“Questo passaggio costituisce un momento straordinario nelle vicende costruttive del monumento … E’ qui che troviamo ogni spiegazione alla sua staordinaria spazialità … E’ qui che l’architettura coordina, decide per l’ordine che presiede nella disposizione delle parti e degli elementi , è qui che si manifesta, svela i suoi segreti.” (Dott. Arch. Luigi Cisternino)
Di questo periodo rinascimentale-pre barocco il patrimonio artistico è stato distrutto: si sono conservate solo tre statue di pietra calcarea posizionate attualmente sul cornicione nord del complesso settecentesco del convento (ora Palazzo di Città), raffiguranti San Giovanni Battista, L‘Immacolata Concezione e un‘allegoria della Fede.
Successivamente alla “rotazione” tutta l’organizzazione interna della chiesa continua a mutare di pari passo all’evolversi del ruolo e del potere assunto di volta in volta dall’Arciconfraternita o dalle eminenti famiglie ostunensi che rinnovano denominazioni e intitolazioni delle cappelle.
Il XVIII sec. vede l‘esecuzione di lavori ad opera di Francesco Paolo Leoce e Vito Camozza su progetto dell‘ing. Magarelli e commissionati dai padri francescani. I lavori rinnovarono i corpi di fabbrica stilisticamente e staticamente in due fasi:
- dal 1739 fino al 1757 le maestranze locali ristrutturarono completamente il quarto nuovo del convento, intervenendo anche sui sepolcreti e sui sotterranei;
- dal 1759 al 1784 definitiva decorazione dell‘intera chiesa e la creazione degli altari più belli: quello maggiore e quello dell‘Immacolata.
Il colpo di grazia per gli ambienti seicenteschi, specie per le fondazioni di fabbrica, si avrà nell‘ottocento.
La prima barocchizzazione avviene nel 1768 ad opera dei magisteri Salvatore Trinchera e Francesco Greco con la realizzazione delle strutture per la nuova chiesa e dei quattro altari in pietra calcarea che si trovano nella navata. Nel 1776 il magistero Giuseppe Fasano apporta altre variazioni al transetto, sormontandolo con una cupola tordo-barocca e, all‘area presbiteriale alle cui spalle viene creata l‘elegante Rosonans Spectaculum ( l‘organo originario è stato sostituito nel 1882 con un altro di manifattura napoletana). Alla fine del XVIII sec. la chiesa lungo tutto il lato destro presenta una serie di ambienti che correndo parallelamente all’andamento della parete costituiscono una sorta di cintura di disimpegno.
L‘aspetto definitivo di tutti questi interventi e la loro armonizzazione è opera del mastro Giuseppe Pepe. In pratica si realizzano la maggior parte delle decorazioni a stucco ancora oggi ammirabili, basate sull‘alternanza nella navata di cornici e paraste corinzie, delimitate superiormente dall‘elegante cornicione, su cui si impostano le volte a botte. Gli interventi interessarono anche tutte le cappelle. La facciata della chiesa al termine della ristrutturazione settecentesca fu lasciata volutamente semplice. Purtroppo non esistono documenti circa la sua organizzazione, come afferma il Todisco, sulla base di altri esempi in terra pugliese della stessa epoca, si può ipotizzare che essa avesse un assetto arcaicizzante a retablo con superfici spartite da paraste e lesene.
Nel 1860 furono eseguiti nuovi restauri per la sicurezza e il mantenimento del patrimonio artistico. In seguito, l‘oratorio verà permutato dall‘Arciconfratenita con la proprietà piena della chiesa e il suolo che il Comune avrebbe donato per il nuovo oratorio sarà nel 1926 trasformato in giardino con la statua di San Francesco del Palla. Il XX secolo vede continui lavori di adattamento, recupero, restauro: di qualcuno è stato fatto cenno, gli altri per brevità di esposizione si omettono. Attualmente la chiesa è sottoposta ad opere di conservazione e restauro dell‘intero complesso con la proposta di un piccolo museo. Il progettista è l‘architetto Luigi Cisternino.



Pagina creata il 20/09/2007



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